Le parole, già usate nell’ombra dietro a mura di piombo, continuo a cercarle, ancora da pronunciare nessun verso tra le righe, una bocca senza suono innata propensione all’impermanenza
2
la scala di un vecchio condominio
attraversa un deserto di porte sbarrate
decrepiti versi debordano
oggi la bimba di un amico è partita
nessun carro lucente
ma lacrime e silenzi asmatici
ad avvolgere ogni lacrima
3
Siamo cose di polvere,
semplicemente travolte
nell’illusoria permanenza
parti rugginose
di un meccanismo entropico,
si potrebbe restare avvinghiati al respiro
come ricordo
nulla di oggettivo
impermanenza
4
Relitti annaspano lentamente
la terra copre i vivi
c’è un nulla che ha forma di cuore
sbattere d’ali
galline che razzolano alla costante
ricerca di cibo
la generosità del dominio
strappa consenso
al dominato
5
oggi uscendo ho incontrato
la portinaia sorridente
ha l’artrosi e spalle curve
eppure sorride
buongiorno cinguetta
io guardo il cielo è nero
di che giorno parli
vorrei gridare
la voce
si spegne
ancora un giorno da vivere
mi pare troppo per oggi
6
la chiave inglese rotea
alla ricerca di un qualsiasi guasto
ma questo male è un cancro
meccanico
si srotola su giorni vuoti
viaggiatori inconsapevoli
affogano in questo mare di nulla
si stende sulla strada
senza fiato in un battito
l’auto si ferma
sfinita
7
i viaggiatori
hanno biglietti
diversi
stesso punto d’arrivo
in quella straziante fermata
priva dello sfolgorio dell’immensità
nulla di conosciuto
8
annaspa la memoria
sorseggia la lacrima
un cuore involuto
ritma l’assenza
questo vuoto ha radice
che annaspa nel retaggio
quello che siamo
pulviscoli di povere
in un raggio di luce
9
terra fradicia
corpi di argilla
lavorata con poca cura
un refolo d’immenso
trattiene la fuga
il muro
con secchi di vernice
sciacquare facce fangose
dal grigio all’arancio
sinfonia di colore
10
pulsa un energia stridente
fatta di molecole cattive
la stessa feccia ad immagine
del dio oscuro
razzola nella melma
costruendo montagne di nulla
mentre un silenzio atroce
tradisce dolore
11
tutto questo futuro madre
spaventa il suo incedere
con falce spianata
chissà se canterà le sere
davanti al camino
quel bambino che costruisce vuoto
e castelli di nulla crescendo
cuore fanciullo
sarà polvere
12
sono polverosi archeologi
che giocano con il tempo
la dea delle cose buone si scioglie
non c’è cura a questo virus
sono rifiuti discariche che sgambettano
untori maledetti
anime appestate
tutto potrebbe essere illuminato
la luce ha una sua solenne affermazione
seppure la tenebra avanza
controllano numeri cifre massificate
i contabili dell’inferno
ci marchiano a fuoco con fiamma nera
il dio buono delle fragole
la dea delle cose buone
la campagna tremante
il canto dei pioppi arrossati al tramonto
la rondine determinata
al sentimento del nido
la memoria dissacrata della terra perduta
quello che era e mai più sarà
tutto potrebbe essere illuminato
notte
13
raggruppati alla deriva
corpi deambulanti privi di mente
la sequenza numerica è desolante
percorsi segnati da un dio oscuro
una mela crolla priva di gravità
l’erba ingiallisce
la montagna si sgretola appiattendo
la forma divora la sostanza
il non pensiero sublima l’idiozia
14
semplicemente trascinare versi crepuscolari
da un algoritmo all’altro
sono quel gigolò che rompendo lo specchio
sublima l’orgasmo poetico
in evoluzioni autistiche
che deturpa con mani di fango
la serenità del politicamente corretto
sono il poeta fagocitato dal verso
o l’inverso
15
Buio
il parroco intona il canto
buio
domenica
fedeli distratti
sorseggiando gocce di fede
prima di pranzo
come un oliva che nuota
nel mistico aperitivo
un omelia di patatine e stuzzichini
il cibo giace sulla tavola stantio
sa di muffa
un mare distante schiuma
dall’onda insanguinata
avvolge bimbi immobili
la chiesa rimbomba del rosario
un padre nostro esplode
in un pallido fulgore
quel dio che tace appeso al legno
non è di tutti
buio
16
alcune lacrime aggrappate
al pulviscolo
illuminato da un raggio di luce
un altare improvvisato
con santini
scoloriti
alla ricerca di un dio cieco
bimbi alla deriva
con giochi di pezza
per un futuro irripetibile
17
cuori bloccati senza battito
in quella stanza di quella casa
dalle finestre murate
creature deformate nell’anima
i vicini di casa
i venditori di parole
i giocatori dalla moneta tintinnante
ci sono abbracci desiderati
in una pozza
di empatia dissolta
18
il rigattiere spaccia
dosi di passato
come oppio tra le case
la signora cerca una speranza
tra oggetti che narrano la polvere
una sottile danza della memoria
un tempo di carne fresca
e spirito vibrante
19
un sussurro di brezza leggera
poi
irrompe la notte
se vento spegnesse
la mente che avvampa
scorrono i resti
di una memoria
oscura
quel bimbo lacrima già uomo
straripa come fiume
ora in questa notte
infinita
20
Il silenzio avanza
nelle stanze vuote dell’anima
la mente un palazzo di sabbia
oltre la porta della percezione
costruzione di retaggi
da poter violare
la mente pregna
d’immenso vuoto
l’anima non ha lingua
21
Giorni vuoti di musica
ci sono sacchi di pena
appesi alla finestra
come il basilico
ogni tanto un chicco di dolore
la memoria non resetta
s’avvinghia
22
un caos di silenziosa quiete
un bosco di versi sconnessi
il rivolo pigramente
potrebbe arrivare al mare
se ancora ci fosse un mare
lacrime pur sempre di sale
23
nulla di buono
la polvere diventa fango
giunture scricchiolano
la città giace ai bordi
di una campagna avvilente
stretti con ombrelli colorati
camminano controvento
cittadini legati
con corde inverosimili
altoparlanti annunciano stridenti
aurore impossibili
un clamore cupo di pensieri dissonanti
un diluvio senza l’arca
ma questa è pioggia che non lava
insozza ogni cosa
come petrolio
ed è già novembre
24
La stanza
crepe nell’intonaco
la narrazione della solitudine
alcune note sognate
fuori annaspano creature ovattate
nella sera di rosso tremante
dalla cima danzante dei pioppi
novembre
25
un semplice deserto d’erba
si stende
lo sguardo assorbe tramonti
dorati
grida forte la mietitrebbia
un orizzonte
cobalto
con schizzi porpora
la notte distante un battito di
ciglia
poi tutto
tace
nel canto della brezza
26
nella danza della falena
messaggi dal nido
piccoli bip dalla rete
segnali di aggregazione
una solitudine incolmabile
la campagna è un astratto algoritmo
una sottile crepa
nella memoria
27
Per ogni evenienza
conservo
pezzi di cielo nelle tasche
alcuni sorrisi sparsi
tra le margherite
infuria la guerra
rombano i cannoni del profitto
si stende sul selciato
come polvere vecchia
la sopravvivenza
28
Il bimbo chiede se il dolore
conduce seppur
lacrimando all’amore
dall’alto un coro angelico
di anatre boccheggianti
e fumi di scarico
un dio mediorientale
osserva impartecipe
l’inadeguatezza umana
al divenire
un silenzioso disastro di bottiglie
vuote
ai piedi del letto su di un pavimento
sgretolato
una madre danzante volteggia
in un delicato
delirio
l’uomo dentro alle mura strette ha mani cemento
sorseggia un crepuscolo
musicale
il bimbo cresce
tende le sue mani di
panna
la Madre spenta ha la
stanza
l’uomo di pietra perduta la
danza
il sedicesimo giorno di
novembre
cominciò un tramonto inesauribile
29
Questa valle impura una sorta di terra avversa
dura come la memoria
si piantano i semi di alberi chini dalla nascita
come salici senza fede
l’uomo dissoda zolle dove la nebbia di novembre
incupisce l’avvenire
poi appare chiaro che la terra è cemento sgraziato
gli alberi chini
case dall’intonaco costantemente sgretolato
s’illumina la vita
una fioca lampada dalle finestre sbarrate
degli assuefatti
connessi l’uno all’altro da sentimenti di gelo
il cielo di questa terra
cade indifeso
su di una notte
straniera
30
nonno bestemmiava diceva
di non credere in un dio sordo
dopo la trincea e pezzi di carne di amici e nemici
come dargli torto
intanto rotolo come pallina nelle strade
di una città debordante
dove ogni gesto mi è straniero
coperta con fango e dimenticanza è la trincea
trincerati nel silenzio
gli umani affogati in un algoritmo
caro nonno questo tempo non è mio
presto t’incontrerò
31
siamo ancora qui io e te
uno nell’altro la stessa faccia specchiata
le stesse lacrime salate tra rughe crudeli
se ci fosse un ritorno dall’oblio
chiederei a colui che dispensa le carte
di darmene altre non la poesia
costringe il sentire oltre la sopportazione
essere sordo al dolore
32
Madre dolorosa
Perduta in un novembre
Indimenticabile
Siamo corpi d’acqua
In un mare morente
E se la morte fosse l’acqua
Di un oceano infinito
Capace di unire le voci delle
anime perdute?
33
tutta questa terra
grida un silenzioso requiem
siamo umani polverosi che macchiano
una terra magica come sugo sulla tovaglia candida
34
oggetti un tempo amati
si fanno ruggine polverosa
cuore asmatico che rimbomba
fuori sincrono
tu sei la casa che si sgretola
a volte uno squarcio di cielo
illumina d’incanto
qualche fuggevole istante
canta alla finestra un uccello
dai colori che si sciolgono nel nero
35
siamo fatti di stelle ma così lontani dal cielo
i vermi imputridiscono ogni cosa
quanta nostalgia di quel boato
che ha spinto l’assoluta complessità
a defilarsi da quell’istante chiamato
vita
36
Sopravvivo in un paese sconosciuto percorro strade di caos
auto fumanti che sfrecciano
da una parrocchia vicina
una campana registrata annuncia monotona l’ora del dio
in un palazzo comunale sfavillante di luce fredda
imbrattacarte solerti intonano
burocratiche ed estenuanti litanie
ci sono i carabinieri il panettiere la farmacia
un paese comune dove sono ora
mi è straniero ed io a lui
il vicino alla finestra mi fa un cenno non so chi è
non ho latte nel frigo entro in un bar
ordino un cappuccino fumante
ascolto discorsi densi di parole vuote che non capisco
si chiacchiera del lavavetri di migranti
della partita finita male
non posso intervenire per non sprofondare
in un immenso vuoto
continuo a camminare dondolando ubriaco di noia
nella speranza d’incontrare un volto famigliare
sono straniero su queste strade
dopo un tempo infinito
mi ritrovo ansimante nella casa nido
fuori umani in maschera
si cibano di ologrammi di paura
io mi diletto nel cercare un avatar
che possa dal video comunicare
l’incomunicabilità
37
a piedi nudi nel baratro
tra cocci di vetro lamiere contorte
e mistici ansiolitici
pochi guizzi di luce fiammeggiante
complici dall’aria mesta
sorseggiano il sale delle lacrime
in una mistica alienazione
ad occhi chiusi nel tempio buio e freddo
c’è un dio barbuto e maschio
che ne dispensa a piene mani come la
manna nel deserto
e quella patetica sorta di porta stretta
su di una via tortuosa
che porta ad un paradiso vuoto
38
dalla finestra danzano i panni
gocciolano sul marciapiede
la sveglia intona le cinque di mattina
il fornello scalda il latte
pane vecchio a pezzetti
poi
suona la sirena della fabbrica
formiche si aggirano tra le macchine
schizzi di olio annerito sulle tute
blu
nascono oggetti che diventeranno
mercato sulla riva di un cielo amaro
c’era erba negli occhi adolescenti
cieli sonanti allodole e cicale
il cinno sbaglia i movimenti
non conosce il ferro
troppa terra tra le dita
un giardino di memoria irripetibile
il cielo grigio soffitto troppo
vicino
poi tutto diventerà verso di luce e buio
nel grigio si celano colori irraggiungibili
39
il bimbo osserva una cloaca di cemento
che stride all’orizzonte
una mente collettiva formula
pensieri unificati
formiche operaie
ritmano la vita degli
uomini
402
oscurità
perduto dissenso
tutto un belare dissonante
la purezza
di una vuota piazza
un fiacco ascoltare
musica petulante
stralci di divino fremono
uno strazio di figuranti
annaspano passi di
danza
il mondo della pecora
è racchiuso in un unico prato
verdeggiante
mentre la democratica illusione
giace
come pozza stagnante
41
C’è un vuoto con le ali
una sorta d’insalubre purezza
come ruggine nelle ossa ferrose
di un corpo scollato dall’anima
siamo pezzi di carne cruda
cannibali di noi stessi
cattedrali di una mistica sfiorita
pidocchi di rosa
fumo di camino
da una casa
quella irripetibile certezza d’amore
nel cielo ambrato fumo
di quel camino
sperduto in un vuoto
incolmabile
42
Ci sono ore
lunghissime ore
all’interno
di un istante
di dolore
non presenza
null’altro
43
Sentimenti leggeri come un pelo
gocce di solitudine
adagiate su di un ruvido giaciglio
la parete scrostata
odora d’assenza
un cristo rugginoso
osserva
due corpi
che si consumano di baci
44
cerco di arginare il fiume di vuoto
con note e versi anacronistici
nessuna fiammante sinfonia
c’è silenzio nella folla debordante
osservo il virtuale castello della mia nudità
dalla dissonante disappartenenza
un poema di vuoto
dal telecomando premo
cambio canale
il vuoto resiste
tremo
45
Avrei voluto ridere nei giorni lacrimosi
di una fanciullezza depredata
ma l’incolto giardino del fiore perduto
trattiene l’impronta del suo corpo
nella terra
un dondolo arrugginito le persiane rotte
io mina vagante nei giorni cupi
poi tutto il famigliare canto si sciolse
nell’estremo
abbraccio
dove sei silenzio mutante?
Energia vociante suono primo
madre danzante e amorosa
dove culli ora
la tua fede?
Io mi vesto di pioggia
Ai confini della città
Traballante filosofia del ritorno
Ma da dove? E perché?
Avrei voluto ridere in quei giorni lacrimosi.
Quanto è fragile questo corpo
carne flaccida ossa che si sgretolano
nello scorrere di anni perduti
come può questa carne
contenere un anima dirompente
nell’attesa mentre tutto si sfalda
l’imbrunire s’avvinghia
quel luogo dove volano le illusioni perdute
abbagliante
appare all’orizzonte la casa dell’anima
47
particelle d’energia sottile
gambe tronchi braccia
deambulanti in strisce radianti
di universo fluido
terra di mare croci e alberi
libri obsoleti densi di un mistico nulla
raccontano di divinità trasparenti
lo schermo avvinghiato ad anime perdute
tutto crolla la casa esplode
il ghiaccio scioglie
la madre lacrima
il bimbo di sale
in un oceano vuoto
aridità di cuori che ardono
di un fuoco freddo che consuma
a che pro chiede il vecchio
filosofeggiare
sul perdono e sulla colpa
l’energia svanisce nell’entropia
poi nel clamore dissonante
tutto tace
48
Si cerca tenacemente di salvare
la chincaglieria
mentre la casa brucia
un sole pulcioso spande
luce fredda inerte
corpo s’arrampica
avvinghiato alle tragedie
di una notte malcreata
inutile respirare
dove manca l’aria
un cuore vuoto
pneumatico
49
Delirio paranoide
l’evolversi evolutivo
cade e fa boom
bomba disarmonica
La strada è colma
detriti di coscienza
un anarchico fluire
vola una fragile sinfonia di stelle
vola la contemplazione onirica
schiavi sereni barricati
in un nido di vuoto
assuefatto
delirio paranoide.
52
Un istante prima dell’imbrunire
una tardiva luce
accarezza l’erba
dal vetro gocce di nebbia
pronte al buio che scende
si rintana l’oscurità
luce fredda di silenzio
scivola come seta
di stanza in stanza
poi
la notte
100